“Autolesionismo, disturbi alimentari, uso di sostanze: il corpo degli adolescenti è luogo di espressione di un disagio nascosto”.
Gli adolescenti prima agiscono e poi pensano: in adolescenza il corpo e l’azione vengono prima del pensiero, della riflessione. Per questo, spesso e volentieri, il rapporto con il proprio corpo è uno dei temi più complessi e faticosi del periodo adolescenziale.
Autolesionismo, disturbi alimentari, uso di sostanze: il corpo che cambia diventa luogo di espressione di un disagio nascosto e difficile da esprimere. I segnali da cogliere e alcuni consigli per i genitori sfogano impulsivamente la loro rabbia, la loro impotenza, il loro fortissimo senso di inutilità e incomprensione sul corpo che vedono cambiare e non riconoscono più come proprio.
Sono numerose e diverse le modalità con cui gli adolescenti esprimono la loro insoddisfazione, ma in generale tutti i comportamenti a rischio tipici di questa età sono atti dimostrativi di sofferenza e disagio.
L’importanza del corpo
In adolescenza il corpo cambia, si allunga, modifica le forme: compaiono i peli sul corpo per entrambi i sessi e la barba per i maschi, i muscoli nei ragazzi e il seno e i fianchi nelle ragazze; gli ormoni favoriscono i primi odori, il cambiamento della voce nei maschi; a livello sessuale compaiono il menarca e lo spermarca che creano la consapevolezza di essere “diventati grandi”. In una certa misura, considerata questa importante metamorfosi. In alcuni casi esitano in una sofferenza importante: succede quando i ragazzi vivono in modo traumatico il fatto di avere a che fare con una nuova rappresentazione di sé. A tutto questo va aggiunto che in adolescenza si sperimentano nuove emozioni, molto più complesse e articolate di quelle dell’infanzia.
Il senso di inadeguatezza rispetto al proprio aspetto insieme alla difficoltà di vivere nuove emozioni porta i ragazzi a cercare un modo di evitare tutto questo dolore. E spesso lo fanno attraverso il corpo: i loro gesti sono il loro modo di comunicare, sono simili a un urlo, a una richiesta di aiuto forte. Contemporaneamente questi comportamenti servono loro a distrarsi dall’angoscia e dall’ansia. E spesso chi si relazione con questi ragazzi finisce per sperimentare lo stesso senso di impotenza che sperimentano loro.
Tra i vari comportamenti possibili ci sono però alcune differenze: se il tagliarsi e il disturbo alimentare sono più presenti tra le ragazze e sono problemi più internalizzanti, cioè rivolti verso di sé, il ricorso a sostanze è invece un gesto di maggior ribellione che in molti casi può raggiungere anche forme devianti e antisociali.
I segnali del corpo
È frequente imbattersi in situazioni in cui il corpo parla al posto delle parole. Lo può diventare nel momento in cui i ragazzi, alle medie o alle superiori, non riescono a esprimersi a parole e a condividere le difficoltà e il disagio che provano con gli adulti, per cui i sintomi fisici diventano la loro unica modalità di espressione.
I sintomi possono essere i più diversi:
da forti mal di testa a mal di pancia, diarree incontrollabili, vomito, muscoli duri come la pietra, tachicardie, svenimenti, sensazione di mancanza di aria, e anche più in generale sensazione di panico. Alle volte questi sintomi sono così forti e invalidanti che non permettono al giovane di vivere la propria quotidianità, portandolo a evitare le situazioni scolastiche, sociali o familiari, e a un crescente isolamento e ritiro per mancanza di contatti con i coetanei.
Queste manifestazioni sono dette inconsapevoli perché sfuggono al controllo dell’adolescente e, spesso, non sembrano essere direttamente collegate alle situazioni di vita.
Autolesionismo e Disturbi Alimentari
Sempre più spesso si incontrano giovani, soprattutto ragazze, che si tagliano di nascosto. Si provocano dolore fisico “per sentirsi vive”, per punirsi di quelle che pensano essere colpe imperdonabili o per distogliere la propria attenzione dalla sofferenza psicologica che le perseguita.
Più conosciuti, anche perché molto trattati a livello mediatico, sono i disturbi alimentari.
L’anoressia nervosa è il rifiuto del cibo accompagnato da una paura ossessiva di ingrassare, mentre la bulimia nervosa si caratterizza per la presenza di “abbuffate”, cui seguono comportamenti di compensazione come vomito o ricorso a diuretici e lassativi.
Un altra forma di disagio è la dismorfofobia, ovvero la percezione del proprio corpo come deforme, accompagnata dal timore ossessivo di essere o diventare brutti. In genere si tratta di difetti lievi o addirittura inesistenti, visto che il disturbo si presenta spesso tra ragazze e ragazzi che non hanno proprio nulla che non vada. Spesso, crescendo, tale sensazione di inadeguatezza scompare, ma in alcuni casi la percezione di anomalia diventa una vera e propria ossessione che va trattata con la psicoterapia.
Le Sostanze
A questa età comincia anche il ricorso alle sostanze. Quando si chiede a chi ha fatto o fa uso di sostanze il motivo, è frequente sentire come risposta: “perché voglio sballarmi”, “perché non voglio sentire quella tristezza che sento sempre”, “perché voglio fuggire dalla situazione in cui mi trovo, dalla mia famiglia”.
Il ricorso all’uso di sostanze per i giovani è un modo per non entrare in contatto con quelle emozioni complesse che poco alla volta si fanno strada nella loro esistenza, per non sentire o per sentire ancora di più, e talvolta anche per percepirsi grandiosi e onnipotenti. Le droghe, infatti, hanno effetti immediati sulle emozioni.
Binge Drinking
Il Binge Drinking è l’assunzione smodata di alcol, finalizzata a un rapido raggiungimento dell’ubriachezza e praticata generalmente in occasione di feste o durante il fine settimana.
Il fenomeno del Binge Drinking, si inserisce nella più ampia categoria dei comportamenti a rischio. Se in passato i comportamenti devianti venivano definiti comportamenti problematici, oggi vengono chiamati comportamenti a rischio perché possono compromettere sia il benessere psicosociale che la salute fisica. Il concetto di rischio riguarda circostanze ed eventi che mettono a rischio la vita del soggetto e lo stile di vita. Inoltre, nel coinvolgimento in comportamenti a rischio si può arrivare a porsi in un atteggiamento di estrema difesa che si configura come una vera e propria fuga dalla realtà e dalle difficoltà. Il bere alcol è di per sé un atto volontario: sebbene i bevitori possano avere la percezione di non essere in grado di controllare l’assunzione di alcol, il modello motivazionale sostiene che prendere un drink sia un atto volitivo, preceduto da processi decisionali dati da componenti razionali ed emotive (Cox e Klinger, 2004). I fattori prossimali determinanti la decisione di bere o non bere, sono i cambiamenti affettivi positivi o negativi che la persona si aspetterà di ottenere se berrà o non berrà. Le motivazioni dell’assunzione di alcol vengono quindi considerate come una struttura decisionale soggettiva, data dall’intreccio fra esperienza personale passata, la situazione attuale, e le aspettative circa gli effetti della sostanza sugli stati emotivi. Il costrutto di aspettativa è definito come le credenze delle persone su ciò che potrà accadere se berranno, mentre le motivazioni sono le valutazioni attribuite in base ai particolari stati affettivi che le persone vogliono raggiungere, che possono quindi motivarle a bere, o viceversa possono motivarle a evitare di bere. Non bisogna sottovalutare questi comportamenti e chiedere aiuto, perché può diventare la normalità per l’adolescente, per dissociarsi dalle problematiche e le angosce che vivono nella loro realtà interna.
Identità Fluida e Sexting
Per un numero crescente di adolescenti è “normale” avere esperienze sessuali sia con ragazzi, sia con ragazze: «Non mi interessa se è maschio o femmina, mi interessa la persona». Alcuni ricercatori hanno seguito nel tempo ragazze che avevano indifferentemente esperienze eterosessuali, omosessuali e bisessuali: crescendo, un terzo circa si orientava in senso eterosessuale, un terzo omosessuale e un terzo continuava a fluttuare tra “oggetti di desiderio” di sesso diverso. Il vantaggio della fluidità? La possibilità di una sperimentazione di sé utile a comprendere meglio la propria verità, senza sentirsi costretti in ruolo o definizioni sentite come coercitive. I rischi? Diversi e su più fronti: medico, perché una promiscuità non protetta con costanza dal profilattico si traduce in un aumento di malattie sessualmente trasmesse e, nelle donne, di gravidanze non desiderate, e perché questi adolescenti sono più esposti all’abuso di alcol e droghe. Psicologico, per due ragioni almeno. Da un lato la sperimentazione sessuale “scissa” dall’affettività rischia di far perdere la parte affettivo-amorosa e soggettivo/esclusiva della relazione. Dall’altro, il “lasciarsi vivere” anche sul fronte psicosessuale rischia di sconfinare nelle paludi della passività e dell’apatia. Cognitivo, perché molti di questi adolescenti vanno male a scuola, con minori possibilità poi di avere lavori e redditi soddisfacenti, e crisi dell’identità di ruolo. Molti NEET (adolescenti Not (engaged) in Education, Employment or Training) hanno alle spalle un passato “fluido” finito in palude esistenziale. Molteplici le cause: da famiglie che hanno abdicato il ruolo normativo, per la crescente incapacità di coniugare l’amore con la fermezza, a scuole amputate del ruolo formativo e normativo, dall’eccesso di vita virtuale rispetto a quella reale, alla sessualizzazione precoce della prima adolescenza, con la complicità dei media. Come tutti gli aspetti della vita, anche la fluidità dell’identità ha lati luminosi e lati oscuri. Sta a noi adulti vigilare sui percorsi con affettuosa fermezza. Per farlo dobbiamo vigilare su noi stessi, con un’attenzione dinamica, una sana autocritica e quella morbidezza interiore che aiuta a far riflettere a fondo un figlio. La sperimentazione della sessualità, e quindi anche del sexting, con queste parole si intende generalmente lo scambio messaggi, audio, immagini o video – specialmente attraverso smartphone o chat di social network – a sfondo sessuale o sessualmente espliciti, comprese immagini di nudi o seminudi. Questo fenomeno si è molto diffuso negli ultimi anni, anche tra i minori, tra gli adolescenti è un bisogno fisiologico che i più giovani dovrebbero poter soddisfare, essendo legato al benessere psicofisico e alla crescita.
A quali segnali un genitore deve porre attenzione?
I segnali che lanciano i figli adolescenti possono essere molto evidenti, ma talvolta anche nascosti e molto difficili da identificare.
Ci sono campanelli d’allarme che è bene conoscere:
Cosa può fare il genitore?
Un padre e una madre che colgono le fatiche di un figlio non devono farsi sopraffare dalla preoccupazione. Sicuramente, laddove c’è la possibilità di un dialogo, la comunicazione familiare è consigliata. Ma la realtà è che spesso affrontare un figlio adolescente significa andare incontro all’ignoto.
Per iniziare ad approcciare un figlio particolarmente in affanno in questo sentiero verso la vita adulta, il genitore potrebbe richiamare alla memoria i tempi passati. Chiedersi che ragazzo è stato, che desideri e fantasie aveva, che ribellioni aveva messo in atto, come si comportava con i suoi di genitori è un esercizio che aiuta a sentirsi più vicino al proprio figlio. Anche se non si vogliono svelare ad alta voce i propri altarini, è importante ammetterli almeno a se stessi: è il primo passo per avvicinarsi alla comprensione di un’età che è ed è stata difficile per tutti.
Se riscoprire l’adolescente che si è stati non fosse sufficiente, allora rivolgersi a un professionista può aiutare a vedere tutto sotto una luce diversa.
La psicoterapia può essere un supporto sia per il ragazzo che sentirà accolti i suoi segnali di disagio, sia per i genitori che, condividendo il peso di questa delicata fase di crescita e assumendo un nuovo punto di vista, si sentiranno finalmente compresi. I genitori chiamano disperati, si trovano spaesati dal cambiamento dei figli e si sentono impotenti perchè non riescono ad avere un dialogo con i propri figli, chiedono aiuto per il figlio, che molto spesso è scettico sulla figura dello psicoterapeuta. Di solito è meglio fare un colloquio conoscitivo con i genitori per farci spiegare le problematiche e successivamente parlare con il ragazzo, che deve avere una motivazione importante per iniziare questo percorso, se no si può lavorare con i genitori, che spesso si sentono messi in scacco, sul supporto genitoriale per aiutarli a capire che cosa stanno sbagliando e intervenire con un cambio di atteggiamento nei confronti del figlio.
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